È oramai risaputo che l’abuso di pesticidi in agricoltura mette le api in pericolo, esponendole alle molecole tossiche sia tramite contatto diretto (es. ingestione) sia attraverso quello indiretto, a seguito della dispersione ambientale.
In questo contesto, il rischio d’esposizione ai pesticidi viene amplificato dall’uso improprio degli stessi da parte degli agricoltori.
Questo è quanto viene asserito nello studio svolto da Hongyu Mu e dal suo team, i quali hanno studiato i modelli di applicazione dei pesticidi con un’indagine di campo su 3 sistemi agricoli (frumento-mais, ortaggi e meleti) ed interviste agli agricoltori della Contea di Quzhou, nella pianura della Cina settentrionale. In questo modo hanno quindi cercato di stabilire quale fosse l’effettiva modalità di utilizzo dei pesticidi, rispetto a quella indicata dalle case di produzione.
Al fine di valutare il rischio di esposizione delle api ai pesticidi, è stato utilizzato il modello Bee-REX, il quale prende in considerazione il quoziente di rischio (Risk Quotient – RQ) relazionandolo alla dose applicata dagli agricoltori nelle diverse colture considerate.
I risultati mostrano che oltre la metà degli agricoltori intervistati (52%) ha utilizzato i pesticidi in modo improprio, che le situazioni peggiori si sono verificate nei casi di applicazioni “cocktail” (più prodotti contemporaneamente) ed infine, il modello Bee-Rex, ha messo in luce che in questi scenari il rischio per le api è circa 6 volte più alto rispetto ai casi in cui vi è un corretto uso dei pesticidi.
Per quanto riguarda l’analisi dei pesticidi coinvolti nell’indagine, come già accaduto in altre ricerche, l’acaricida Abamectina, l’insetticida Fipronil e i neonicotinoidi sono risultati essere i prodotti che maggiormente hanno contribuito a mettere in pericolo le api.
Oltre a questi risultati, è stata osservata una correlazione positiva tra le prestazioni di utilizzo dei pesticidi e la formazione degli agricoltori. Ne consegue che al fine di evitare un uso improprio dei pesticidi, misure come l’attuazione di programmi di formazione per gli agricoltori, dovranno essere inserite tra i piani di conservazione e tutela degli impollinatori, dando particolar rilievo ad un’istruzione specialistica, calata sulle realtà territoriali e in cui siano previste sessioni di campo.
Un’altra considerazione che scaturisce da questi risultati, riguarda la necessità di implementare i protocolli di valutazione degli effetti dei pesticidi con studi svolti sul lungo periodo in condizioni di campo. Solo così sarà possibile comprendere la suscettibilità dei diversi gruppi di impollinatori (api comprese) ed affrontare in maniera realistica gli effetti di co-esposizione ai pesticidi.
Elisa Monterastelli
Bibliografia citata
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S014765132200553X?via%3Dihub