Gli impollinatori selvatici, e le api in particolare, negli ultimi decenni hanno subito a livello mondiale un notevole calo delle popolazioni. Le evidenze attribuiscono questo fenomeno a diversi stress di origine antropica: cambiamenti climatici, degradazione degli ambienti naturali, intensificazione delle colture agrarie, inquinamento e diffusione di patogeni e parassiti.
I pesticidi rappresentano una minaccia decisamente importante per gli impollinatori, come ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica, mentre altri tipi di inquinanti, come ad esempio le micro particelle di plastica, sono stati purtroppo sottovalutati.
Solo ultimamente sono diventati oggetto di attenzione relativamente alla loro potenziale tossicità. Diversi studi infatti, sono stati realizzati negli ambienti marini e nelle acque dolci, ed hanno evidenziato come l’esposizione alle microplastiche causi danni agli organismi viventi, sia a livello cellulare che molecolare, attraverso effetti avversi quali l’aumento dello stress ossidativo, delle infiammazioni, delle disfunzioni immunitarie, della riduzione della crescita, come anche della riproduzione e delle attività di alimentazione.
Molto poco invece si conosce relativamente ai loro effetti sugli organismi terrestri, tra cui gli insetti. Questa scarsità di dati è piuttosto sorprendente, considerando l’importanza per la vita umana degli impollinatori. Essi infatti, interagendo con le piante, l’aria, il suolo e l’acqua, ne sono continuamente esposti durante l’attività di bottinamento, costituita da centinaia di voli al giorno in ogni direzione per l’approvvigionamento di nettare, polline, propoli e acqua per l’alveare.
Nonostante frammenti e fibre di 13 diversi polimeri sintetici siano stati trovati nel miele e nell’esoscheletro delle api, solo pochi studi ne hanno affrontato i rischi. Tra questi un lavoro del 2021 a firma di Wang et al. ha mostrato che l’esposizione prolungata al polistirene provochi alterazioni alla risposta antiossidativa, alla detossificazione e alla risposta immunitaria nelle giovani api, che risultano però parzialmente protette dal loro microbiota. Da citare anche lo studio di Deng et al., sempre del 2021, che ha verificato come il polietilene ingerito venga trasferito nell’emolinfa causando alterazioni istologiche e aumentando la suscettibilità alle infezioni virali.
Lo studio di Balzani et al. recentemente pubblicato ha invece indagato gli effetti dell’ingestione di polietilene, una microplastica molto diffusa, sulla sopravvivenza, sul comportamento e sulle abilità cognitive delle api in condizioni di laboratorio.
Gli studiosi, oltre a valutare la sopravvivenza e il nutrimento giornaliero, dopo un giorno e dopo 7 giorni di consumo di sciroppo a tre diverse concentrazioni di polietilene, hanno testato gli effetti sub-letali sul comportamento e sulle capacità cognitive, attraverso degli esperimenti basati sul metodo del PER (proboscis extension response). Il PER si basa sulla risposta riflessa delle api, che estroflettono la ligula nel momento in cui identificano con le antenne una soluzione zuccherina. Questo è un metodo classico nell’ambito dell’ecotossicologia, utile per lo studio dell’impatto dei contaminanti sulla capacità di apprendimento e memorizzazione.
Le conclusioni dello studio sono su due fronti. Una prima parte evidenzia come le api operaie non siano indenni all’ingestione di microplastiche, che impattano sulla loro sopravvivenza e sul loro comportamento alimentare in relazione alla concentrazione a cui sono state esposte. Per quanto riguarda invece gli effetti sulle capacità cognitive è stato rilevato come ad alte concentrazioni si siano osservati effetti solo sull’abilità delle api di rispondere allo zucchero, ma non sulla loro memoria e capacità di apprendimento, neanche in seguito a esposizioni prolungate.
Questi ultimi risultati possono sembrare incoraggianti, non evidenziando variazioni nelle funzioni cognitive cruciali, tuttavia non escludono che l’esposizione a differenti dosaggi o tipologie di microplastiche possano essere dannosi per le api stesse o per gli altri impollinatori.
Considerando il loro rapido e drammatico declino, e l’aumento costante dell’inquinamento dovuto alla plastica sarebbe imperativo che i potenziali effetti dannosi venissero pienamente testati considerando più variabili possibili: polimeri di diversa tipologia, differenti dosaggi e tempistiche di esposizione, condizioni di campo di vario genere. Tutto questo nell’ottica di una sempre maggior protezione degli impollinatori, dell’entomofauna in generale e dell’uomo di conseguenza.
Serena Alessandrini
Bibliografia citata:
http://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0269749122005322