È da tempo ampiamente dimostrato e noto quanto le api e gli altri insetti impollinatori siano fondamentali per gli ecosistemi e le attività agricole. Ed è ormai altrettanto noto quanto i prodotti normalmente utilizzati in agricoltura possano essere per loro dannosi, minacciando le popolazioni e i loro servizi all’ambiente, sia attraverso effetti diretti di tossicità acuta che attraverso effetti subletali, meno noti ma non meno importanti.
Mentre degli insetticidi si può chiaramente comprendere il ruolo nel danneggiare direttamente gli insetti, per quanto riguarda i prodotti fitosanitari non insetticidi, a cui gli apoidei sono purtroppo diffusamente esposti, è sicuramente più difficile riconoscere le numerose e non previste conseguenze negative.
Recentemente, ad esempio, è stato pubblicato uno studio a firma Weidenmuller et al. relativo all’erbicida glifosato e al suo emblematico caso.
Dal punto di vista tossicologico tale molecola, infatti, è sempre stata erroneamente considerata di poco interesse per le api e gli altri impollinatori, ma ultimamente crescenti evidenze hanno suggerito che possa impattare su di loro, con modalità e rilevanza però ancora in parte sconosciute.
Nell’articolo viene illustrato come l’erbicida più utilizzato al mondo influisca sulla termoregolazione dei bombi (Bombus terrestris), funzione altamente critica per la crescita e la salute della colonia. In questo studio viene dimostrato che l’esposizione attraverso un nettare artificiale danneggi la capacità della colonia di regolare la temperatura a cui viene mantenuta la covata durante il suo sviluppo. Tale temperatura deve essere contenuta in un range ristretto, tra i 28° e i 35° C. L’operazione di termoregolazione viene operata prima dalla regina, nella fase solitaria di costituzione del nido, e poi collettivamente dalle operaie nelle fasi successive. Al di fuori di questo intervallo di temperatura la crescita e la sopravvivenza della colonia declinano rapidamente.
La termoregolazione è un’attività molto impegnativa e dal forte dispendio energetico, pertanto è strettamente collegata alle risorse di cibo, in modo particolare a quelle di nettare, ricco in carboidrati.
Weidenmuller et al. mostrano come gli effetti del glifosato sulla termoregolazione siano più evidenti quando i bombi sono esposti a una situazione di stress nutrizionale, che in condizioni naturali è da ricondurre alla ridotta disponibilità di risorse trofiche dovuta all’eliminazione delle erbe nettarifere. E’ anche possibile che la molecola possa avere effetti sul metabolismo e la fisiologia dei bombi attraverso l’alterazione del loro microbioma, e che i prodotti che la contengano possano produrre effetti diretti, come la morte, dovuti non al principio attivo in sé, ma ai suoi coformulanti inerti.
Le possibilità di potenziali effetti negativi dovuti all’esposizione al glifosato sono perciò notevoli, e si stanno capendo solo dopo molti decenni dall’inizio della sua diffusione. E’ comunque difficile prevedere tutti i possibili effetti dei pesticidi sulla biodiversità. Fino ad oggi i test effettuati prima dell’immissione sul mercato di un nuovo agrofarmaco sono relativi solo alla sua tossicità acuta, ma ciò è insufficiente a identificare i tanti effetti sul comportamento, la fisiologia o la riproduzione che conseguono ad un’esposizione a dosi subletali. Questo è stato ampiamente dimostrato, ad esempio, relativamente ai Neonicotinoidi, responsabili di alterazioni importanti dell’efficienza di bottinamento, di termoregolazione e di crescita delle colonie a dosi molto più basse rispetto a quelle relative alla tossicità acuta.
La conoscenza scientifica è sempre in divenire, che sia relativa a un prodotto, a un processo, a un’innovazione tecnologica o ad altro. Sarebbe sempre buona norma attenersi a uno scrupoloso principio di precauzione e attuare un attento monitoraggio degli agrofarmaci anche dopo l’inizio del loro uso nella pratica agricola, al fine di riconoscere tempestivamente gli effetti nocivi non compresi, identificati o emersi durante le fasi di studio, e di non incorrere in problematiche che risultino poi di difficile risoluzione e gestione.
Crescenti evidenze stanno mostrando come l’agricoltura intensiva giochi un ruolo fondamentale nel declino delle popolazioni di insetti e possa, tra le altre cose, amplificare diversi fattori di stress, quali i cambiamenti climatici, la riduzione di risorse trofiche e l’alterazione degli habitat naturali.
Nel caso delle considerazioni di Weidenmuller et al. un buon aiuto per garantire agli insetti la quantità di cibo necessaria per le proprie funzioni vitali, compresa la termoregolazione, potrebbe essere dato dall’incentivo di piante nettarifere e di zone mantenute allo stato naturale all’interno dei paesaggi agrari, oltre che, naturalmente, da un uso parsimonioso e solo qualora effettivamente indispensabile del glifosato.
Serena Alessandrini
Bibliografia citata:
https://www.science.org/doi/10.1126/science.abf7482