Qualità dei mieli italiani

L’Italia vanta di un patrimonio di mieli unico al mondo, ottenuto grazie alla varietà climatico-vegetazionale della penisola ed alla crescente professionalità degli apicoltori italiani. Oltre 30 mieli uniflorali, oltre ad un’infinita varietà di millefiori caratterizzati dai diversi territori di provenienza. L’impegno dell’Osservatorio è costante per conoscere, migliorare e mettere in valore le caratteristiche distintive dei mieli italiani.
L’organizzazione del Concorso Tre Gocce d’Oro ha come obiettivo primario il monitoraggio ed il miglioramento della qualità dei mieli italiani, con l’analisi di oltre 1200 mieli/anno.

In Italia non esiste un miele ma ci sono oltre 30 varietà di mieli uniflorali e una infinità di millefiori, ciascuno indissolubilmente legato al territorio di origine. Il miele è un prodotto dalla duplice natura, un po’ animale e un po’ vegetale. Esso infatti viene prodotto dalle api ma non si tratta di un loro secreto: per realizzarlo esse raccolgono i nettari vegetali, addizionano particolari enzimi dell’apparato digerente, concentrano facendo evaporare l’acqua in eccesso e immagazzinano nelle cellette dei favi del “superorganismo” alveare.

Proprio per questo, l’ambiente in cui le api vivono, la vegetazione presente, i fiori che vi sbocciano, il clima e la qualità del territorio, conducono alla produzione di un miele sempre unico, che racchiude in sé tutte le caratteristiche e le influenze del luogo in cui è stato realizzato. Il ruolo delle api è essenziale per arrivare al prodotto finale ma gli ingredienti di partenza sono vegetali: il nettare e la melata. Come avviene per ogni preparazione, gli ingredienti di partenza sono determinanti e diversificano il risultato del prodotto finale: i mieli presentano evidenti ed infinite differenze in relazione alla diversa origine botanica dei nettari.

Fare conoscenza con questo mondo e diventare esperti di mieli è un viaggio davvero unico ed appassionante nel gusto, ricco di soddisfazioni per chi ha la curiosità di intraprenderlo. Infatti, come accade per i vini o i formaggi, anche per i mieli il plurale è d’obbligo!

 

Partiamo dalle definizioni base: Cos’è il miele?

Il miele è “la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare” (D. Lgs. 179/2004).
Il miele è un alimento di riserva per le api, una scorta di cibo per l’inverno. Infatti, le api si nutrono con il nettare dei fiori, ma quando non ne hanno di fresco a disposizione, attingono al miele che hanno prodotto.

Come fanno le api a produrre il miele?

Le api bottinatrici volano fino a 3 km di distanza per raccogliere il nettare o la melata. Per raccogliere il loro bottino le api hanno un apparato boccale specializzato, privo di mandibole e dotato di una sorta di “proboscide” con cui possono succhiare i liquidi zuccherini (nettare o melata) che vengono poi convogliati nella borsa melaria, una speciale dilatazione del loro sistema digerente. All’interno di quest’organo, già durante il viaggio di ritorno verso l’alveare, inizia la trasformazione del nettare o della melata in miele, mediante l’aggiunta di enzimi quali ad esempio diastasi, invertasi, glucosio ossidasi, per citarne alcuni.

Una volta rientrate nell’alveare, le bottinatrici consegnano il contenuto della borsa melaria ad altre api, con un meccanismo che si definisce trofallassi. Queste provvedono ad elaborarlo ulteriormente, aggiungendo altri enzimi e, dopo diversi passaggi (circa cento), quando il miele è quasi pronto, lo sistemano nelle cellette esagonali di cera che costituiscono i favi. Per ottenere miele dal nettare occorre anche asciugarlo: in un primo momento l’evaporazione dell’acqua viene favorita attivamente dalle api che risucchiano e poi stendono la gocciolina di liquido ripetutamente, per 15 o 20 minuti, portando la percentuale di umidità al 40-50%. Successivamente, e per diversi giorni, l’ulteriore e indispensabile perdita di acqua avviene in modo passivo grazie all’evaporazione favorita dalla ventilazione forzata, attivata dalle api stesse, (api ventilatrici) fino a quando si raggiunge un contenuto solitamente inferiore al 20%, in grado di garantire la miglior conservabilità del miele.

Il miele si definisce “maturo” quando la concentrazione dei vari componenti ha raggiunto le giuste proporzioni: solo quando il miele è pronto – tranne rare eccezioni- le api, realizzando una sorta di “tappo di cera” chiamato opercolo, chiudono la celletta per conservare il miele.

Il miele ha una scadenza?

Grazie alle sue caratteristiche chimico-fisiche (elevata acidità, alto tenore zuccherino, presenza di sostanze antibatteriche) che creano un ambiente ostile allo sviluppo dei batteri, il miele si conserva molto a lungo. Tuttavia, va incontro ad invecchiamento e ad accelerarlo sono le temperature e la luce diretta. È bene quindi conservarlo in un luogo fresco e asciutto e lontano da fonti di luce e calore.

Con il tempo gli zuccheri tenderanno a degradarsi, di conseguenza il miele cambierà colore e perderà sapore, ma non sarà nocivo per la salute. La legge obbliga comunque a riportare in etichetta la data di #scadenza. Infatti, al fine di poter gustare il miele al massimo della sua freschezza e qualità è consigliabile consumare il prodotto entro due anni dall’invasettamento.

Ma quindi se non è nocivo per la salute, cosa significa che “è scaduto”? Si può ancora consumare?

Nel miele, i parametri che si modificano nel tempo e che determinano quindi il Termine Minimo di Conservazione (T.M.C.) sono i valori di idrossimetilfurfurale (HMF) e la diastasi, per i quali i limiti indicati nel D.L. 179/04 sono massimo 40 mg/kg per l’idrossimetilfurfurale e minimo 8 unità diastasiche. Quindi per determinare se il prodotto “Miele” rientra nei limiti stabiliti dalla normativa e può considerarsi entro il T.M.C., occorre misurare questi due parametri. Nel caso della non fattibilità di questa verifica o del superamento di tali limiti il prodotto può essere identificato come “miele per uso industriale”, per il quale non sussistono tali limiti e può essere destinato a usi culinari. Nel caso venga indirizzato al consumatore finale deve essere accompagnato dall’indicazione «destinato solo alla preparazione di cibi cotti». In altre parole, nel caso il prodotto venga identificato come “miele per uso industriale” e usato per prodotti trasformati, non supera mai i termini preferenziali di consumo e, in ogni caso, non ci sono rischi per il consumatore connessi con il passare del tempo.

La cristallizzazione del miele è un difetto?

La cristallizzazione del miele non è un difetto, ma una naturale evoluzione del prodotto dopo l’estrazione dai favi. Essa è legata alla presenza variabile del fruttosio, del glucosio e della percentuale di umidità. I mieli che hanno un’elevata quantità di glucosio tenderanno a cristallizzare prima e più velocemente di quelli composti principalmente da fruttosio. Il miele di acacia, melata e castagno sono quelli che presentano le più alte concentrazioni di fruttosio e proprio per questo fanno eccezione e mantengono una fluidità del prodotto anche dopo molti anni.

 

La qualità dei mieli italiani: scegliere il prodotto giusto

Per quello che riguarda il tipo di miele (origine botanica, provenienza, tipo di cristallizzazione) non è possibile fare graduatorie di qualità: ognuno sceglierà secondo il proprio gusto e secondo l’uso.
A proposito dell’origine occorre ricordare che il nostro paese non è autosufficiente per quello che riguarda la produzione di miele: circa il 50 % del consumo è sostenuto da prodotto di importazione. La maggior parte del miele importato proviene da Paesi extraeuropei che sono più favoriti del nostro per le condizioni produttive legate all’ambiente e che hanno diversa struttura sociale ed economica: questo fa sì che i prodotti provenienti da questi Paesi arrivino sul mercato italiano ad un prezzo che è di molto inferiore al costo di produzione del miele in Italia.
Si importano soprattutto mieli millefiori dall’America latina, dall’Est europeo e dalla Cina; tra i mieli uniflorali il più importato è sicuramente quello di robinia (acacia), proveniente da Ungheria, Romania e Cina.
Dal punto di vista della qualità obiettiva, non si può generalizzare pretendendo un maggiore o minore valore del miele italiano o di quello importato. È plausibile immaginare una maggior freschezza per i prodotti di casa nostra rispetto a quelli che hanno percorso migliaia di chilometri. È certo invece che ci sono delle differenze apprezzabili nelle caratteristiche organolettiche e per questo è importante che il consumatore possa riconoscere i diversi prodotti al momento dell’acquisto. Inoltre il miele proveniente da alcuni paesi in cui il livello tecnologico è ancora molto basso (Cina, per esempio) sono caratterizzati da costanti difetti sul piano organolettico (sapore di ferro).
D’altra parte il prodotto importato presenta costantemente due caratteristiche interessanti: la prima, come già ricordato, è il costo contenuto rispetto al prodotto nazionale; la seconda è la notevole costanza da una partita all’altra e di anno in anno, dovuta ai diversi presupposti produttivi e alla selezione fatta in partenza. Queste condizioni ne fanno i prodotti preferiti dalla maggior parte degli utilizzatori industriali. Anche a livello artigianale (laboratori di pasticceria, panificatori) o casalingo, per la preparazione di dolci che vanno cotti e per i quali, quindi, l’utilizzo di un miele costoso sarebbe un lusso non sempre giustificato, il rapporto qualità/prezzo può farli preferire.
Ma per chi apprezza veramente il miele, la grande variabilità del prodotto nostrano è proprio la caratteristica di maggior pregio: la ricerca di sapori sempre nuovi sarà uno dei motivi per scegliere il miele italiano.
Molti degli aspetti qualitativi dipendono dal produttore/confezionatore: la scelta dell’azienda in cui riporre la fiducia non è quindi senza importanza. La scelta del produttore è molto importante soprattutto per quegli aspetti per i quali il consumatore è meno tutelato dalle norme vigenti (denominazioni uniflorali, freschezza). Spesso la coscienziosità del produttore si può misurare sulla completezza e trasparenza dell’etichetta.

 

Riconoscere la qualità del miele

A fare la qualità del prodotto concorrono numerosi aspetti: quali sono i più importanti e da cosa deve essere guidata la nostra scelta? Esistono criteri di qualità che potremo definire assoluti ed altri che sono invece in relazione al nostro gusto o all’uso specifico che dovremo fare del prodotto.
Primi elementi di qualità sono la genuinità e la salubrità del prodotto: in questo caso, però, il problema non si pone, in quanto scegliere miele vuol dire, in ogni caso, scegliere un prodotto ottimale da questo punto di vista.
È genuino in quanto la denominazione commerciale di miele è ammessa, per legge, solo per il prodotto che sia fatto dalle api a partire da nettare o da melata: non esistono, in altre parole, mieli “artificiali” o fatti con lo zucchero; prodotti del genere non possono essere legalmente commercializzati. Chi dovesse arrischiarsi a farlo commetterebbe una frode.
Al miele commercializzato come tale non è permessa l’aggiunta di nessun altro prodotto. Niente conservanti, quindi, non ce ne sarebbe bisogno, ma neanche coloranti o aromatizzanti: l’aroma e il colore del miele sono quelli che gli derivano dalle piante bottinate dalle api.
Tra i prodotti alimentari il miele è anche uno di quelli che può dare maggiori garanzie riguardo alla presenza di eventuali residui di sostanze estranee: anche in questo caso è la legislazione, con norme restrittive, a fare da guardiana alla salute pubblica, ma è la sua stessa natura ad assicurare la necessaria salubrità.
Altro criterio di qualità, la buona conservabilità del prodotto, che è collegata a un basso contenuto d’acqua. In questo caso è l’apicoltore, o comunque chi commercializza, a selezionare i mieli in modo da garantirne la qualità sotto questo punto di vista. La legge, in questo caso, è molto permissiva, ma è anche interesse del produttore non mettere in commercio prodotti che rischiano di fermentare. I mieli fermentati si riconoscono facilmente già dall’aspetto schiumoso, con bolle di gas inglobate ed un’eventuale separazione tra la componente liquida e quella solida. L’odore e sapore di fermentazione e di acido confermeranno eventualmente la diagnosi. Anche un miele con eccesso di umidità non ancora alterato ma predisposto alla fermentazione, può essere individuato facilmente dall’eccessiva fluidità.
Un altro elemento di scelta, in quanto parte importante della qualità, la freschezza del prodotto: per poterla valutare sarebbe necessario avere l’indicazione della data di produzione oppure di quella di un termine preferenziale di consumo. Per il miele, purtroppo, non è obbligatorio apporre questo tipo d’indicazioni in etichetta. Spesso il produttore fornisce comunque queste indicazioni, rendendo la propria etichetta più completa e segnalando così cura del prodotto e attenzione per il consumatore.
Al di là di queste informazioni, un sintomo di invecchiamento e di conservazione a temperatura eccessivamente elevata è la separazione di fasi, cioè l’evidenziazione di uno strato di miele liquido alla superficie del prodotto cristallizzato.
Anche i prodotti che hanno subito dei trattamenti termici devono essere considerati impoveriti rispetto agli equivalenti non riscaldati. È meglio diffidare quindi dei prodotti che vengono presentati allo stato liquido in una stagione in cui sarebbe lecito immaginarli già cristallizzati, a meno che non si tratti di robinia (acacia), castagno o melata: con ogni probabilità sono stati rifusi.

 

Mieli uniflorali

Chi fa il miele?” “L’ape!” “Sbagliato!” Il miele è raccolto dall’ape ma è fatto dalle piante. A molti spesso sfugge la vera identità dell’origine del miele. Il miele è visto come materia prima, elaborata dalle api, una sorta di secrezione. Di conseguenza si stenta ad assimilare il concetto di miele di acacia, miele di arancio, miele di castagno. Quante volte si sente dire miele all’acacia, miele all’arancia, miele alla castagna, come se si trattasse di un prodotto aromatizzato? Non è un errore linguistico, riflette un modo di pensare. Nessun consumatore confonderebbe una confettura di fragole con una di albicocche: è la natura della materia prima che fa la differenza tra i prodotti, fragole o albicocche per le confetture e nettare di acacia, arancio o castagno per il miele. Per lo stesso motivo la maggior parte dei consumatori si mostra sinceramente stupita quando, invitata a confrontare mieli diversi, ne scopre le evidenti differenze. I mieli, quindi, e non il miele. I mieli presentano evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica. Si parla di miele uniflorale quando questo proviene principalmente da un’unica origine botanica e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista della composizione e delle caratteristiche organolettiche e microscopiche. In altre parole per potersi considerare uniflorale un miele deve essere riconoscibile come tale dal punto di vista delle analisi di laboratorio e, cosa che più ci interessa, per le caratteristiche di aspetto, profumo e gusto. Non esiste ancora però una definizione legale di queste caratteristiche e la distinzione merceologica si basa sugli usi abituali e su studi specifici. La produzione di mieli uniflorali è possibile per quelle specie che sono presenti in grande abbondanza in zone sufficientemente estese.
Tecniche apistiche particolari vengono adottate per incrementare la produzione e per aumentarne la purezza. Il loro pregio consiste nell’unicità delle caratteristiche organolettiche e della composizione e spesso nella rarità.
E’ piuttosto diffusa l’abitudine di attribuire ad ogni miele unifiorale, soprattutto a quelli provenienti da piante officinali, un uso terapeutico particolare: anche se è probabile che i mieli derivati da queste piante contengano, in piccole quantità, gli stessi principi presenti nei fiori (già meno probabile se i principi attivi si concentrano nelle foglie, nella corteccia o nelle radici), questo, per il momento, non è ancora stato dimostrato e mancano quindi elementi obiettivi per sostenere queste affermazioni. Il miele, inoltre, è soprattutto un alimento e la sua attività sulla salute è da ricercarsi negli aspetti nutrizionali più che in attività farmacologiche specifiche. Tra i diversi prodotti non può essere fatta una graduatoria di qualità: ogni consumatore sceglierà il preferito secondo il gusto e le abitudini alimentari personali. Generalmente i mieli poco aromatici, neutri e delicati (acacia, sulla, leguminose in genere) piacciono a tutti, come pure i mieli con aroma floreale leggero (rododendro) o intenso (agrumi). I mieli con aroma deciso non piacciono a tutti, ma il consumatore che sceglie un miele fortemente aromatico, generalmente, lo preferisce a tutti gli altri.

 

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