Intervento di Claudio Porrini (DISTAL – Università di Bologna) al Seminario “Parametri, potenzialità e criticità dell’apicoltura attività di aggiornamento e divulgazione su elementi produttivi e di mercato per apicoltori, associazioni e cooperative” – FICO – Bologna, 6 luglio 2018
La moria delle api e il conseguente spopolamento degli alveari è uno dei sintomi che rappresenta il malessere complesso dell’ecosistema in cui viviamo e ciò indipendentemente dal peso che ciascuna delle cause esercita sulla vitalità delle api in questo scenario di multifattorialità. L’impiego dei neonicotinoidi è solo uno dei diversi fattori di rischio, ma non può essere negata la loro pericolosità dovuta all’elevata tossicità e al rischio che le api ne vengano in contatto. Per non parlare della pratica di usarli nella concia delle sementi, pratica tra l’altro molto lontana dai principi ispiratori della lotta integrata che impone di intervenire solo quando si supera la cosiddetta soglia economica, cioè quando il costo dell’operazione, sia essa di tipo meccanico, agronomico, biologico o chimico, è inferiore al danno economico dell’infestazione che si avrebbe se non si facesse nulla.
Però non ci sono solo i neonicotinoidi a disturbare il quieto vivere delle api, ma anche carbammati, fosforganici, piretroidi, e tanti altri. Inoltre non è certo sufficiente limitare o vietare l’uso dei pesticidi per salvaguardare le api e l’ambiente in cui viviamo, ma è necessario, anzi è fondamentale, ripristinare la perduta biodiversità in molte delle nostre aree coltivate. In altri termini, se è vero com’è vero che la biodiversità è il sistema immunitario del nostro pianeta, dobbiamo mettere in sicurezza i nostri territori agricoli. A maggior ragione oggi che, a causa principalmente del commercio internazionale e del riscaldamento globale, assistiamo quasi impotenti a un incremento dell’invasione nel nostro Paese di organismi “alieni”. Così come il sistema immunitario umano, un complesso meccanismo con cellule altamente specializzare, funge da barriera per neutralizzare gli agenti patogeni che possono mettere a repentaglio la salute e l’equilibrio del nostro organismo, la biodiversità può contrastare nei nostri ambienti sia la diffusione di patogeni e fitofagi nostrani sia quelli alieni. D’altronde anche nel “Manuale di Difesa Integrata” del Ministero dell’Agricoltura (Mipaaf, 2015), per citarne solo uno, al primo posto è indicata la prevenzione come misura per evitare l’infestazione di organismi nocivi. E tra i metodi preventivi elencati c’è anche l’inserimento nel paesaggio agricolo di bordure e siepi in quanto: a) determinano un significativo incremento di organismi utili quali impollinatori, antagonisti degli insetti dannosi alle colture, micro e macrofauna del terreno, b) hanno un ruolo importante nel controllo della diffusione degli organismi nocivi, c) favoriscono un maggiore tempismo di predatori e parassitoidi dei fitofagi rispetto ai paesaggi semplificati senza infrastrutture ecologiche, d) contribuiscono direttamente o indirettamente a mantenere le colture in buono stato vegeto‐produttivo, d) garantiscono l’equilibrio dell’agroecosistema.
Ma, nonostante le raccomandazioni del manuale in cui il ricorso ai pesticidi è messo all’ultimo posto, nella realtà della Difesa integrata le applicazioni chimiche hanno un ruolo predominate (Hokkanen, 2015).
La biodiversità, di cui tanto si parla in teoria ma che dovrebbe iniziare a diventare una pratica comune, deve però essere specifica e funzionale, altrimenti serve a ben poco! Infatti non tutte le specie botaniche sono utili per contrastare gli organismi dannosi, e la scelta dei miscugli per le bordure fiorite, delle piante per la formazione di siepi e di alberate campestri, deve essere valutata zona per zona (Burgio e Ferrari, 2014).
Queste ricerche tuttavia non sono di facile attuazione, esistono difficoltà per identificare piante, o miscugli di esse, per il controllo dei parassiti chiave, in particolare per identificare i processi coinvolti del controllo biologico su scale diverse (Simon et al., 2010). La complessità del paesaggio può avvantaggiare gli antagonisti naturali dei fitofagi, ma gli effetti delle loro interazioni, le conseguenze produttive (positive o negative) non sono ancora del tutto chiare. Quindi la biodiversità può fornire importanti servizi ecosistemici ma, se non adeguatamente studiata, può procurare anche disservizi (Martin et al., 2012).
Se vogliamo salvaguardare le api e l’ambiente che ci circonda dobbiamo sostenere la ricerca in questo settore, e la disciplina che studia tutto questo è l’agroecologia.