Così come era successo nell’aprile del 2021, nella prima decade di aprile 2023 il freddo tardivo e le gelate tornano a colpire l’Italia, con possibili effetti negativi sui raccolti primaverili.
Situazione meteorologica
Nel periodo compreso tra il 3 e il 9 aprile l’evoluzione meteorologica su grande scala è stata tale da determinare l’afflusso di aria artica dal comparto scandinavo che è scesa verso il bacino del Mediterraneo fino ad investire anche la nostra Penisola.
L’irruzione fredda si è attuata attraverso due ben distinti impulsi di aria artica: un primo fenomeno che ha fatto il suo ingresso tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio del giorno 4, un secondo, di entità simile, tra la mattinata e il pomeriggio del giorno 5.
Per durata e intensità l’irruzione ha avuto caratteristiche pienamente invernali con anomalie termiche, rispetto alla norma climatologica 1993-2018, in entrambe le giornate, comprese tra -6 e -8°C sulle regioni nord-orientali e centrali adriatiche con picco tra Romagna e nord Marche, e tra -4 e -6° sul resto del versante adriatico fino alla Puglia. Più contenute, ma ugualmente ragguardevoli, sono state le anomalie sul resto della Penisola, tra -2 e -4°C.
Questa severa ondata di freddo tardivo, oltre a provocare nevicate anche a quote molto basse per il periodo, ha causato intense gelate notturne, principalmente sulla Pianura Padana centro-orientale e nelle vallate alpine ed appenniniche. Le aree soggette ad anomalie negative più consistenti sono state quelle condizionate dal verificarsi di nottate serene e con venti deboli o assenti, favorevoli a forti cali termici per irraggiamento radiativo, con inversioni termiche sulle pianure e sulle valli, in particolare tra i giorni 5 e 7 aprile.
Qui il Report completo di approfondimento a cura di Pierluigi Randi, meteorologo professionista, consulente Osservatorio Nazionale Miele.
Anomalie termiche medie Tmin e Tmax a 2 m nel periodo 3-9/04/2023
Situazione fenologica e possibili danni
Il verificarsi e l’entità dei danni conseguenti alle gelate dipendono sia dalla sensibilità propria delle specie vegetali che dalla fase di sviluppo al momento della gelata nonché dalla durata del periodo nel quale la temperatura rimane al di sotto della soglia critica.
Gli inverni miti conseguenti al riscaldamento globale tendono a favorire l’anticipo del risveglio vegetativo con fasi fenologiche più avanzate e maggiormente sensibili ai ritorni di freddo primaverili. In questa stagione, una diminuzione della temperatura al di sotto dello zero può provocare negli organi riproduttivi delle piante il congelamento dell’acqua all’interno delle cellule o negli spazi intracellulari, causando rotture delle membrane e disidratazione dei tessuti.
Al momento in cui si sono verificate le gelate documentate, molte piante di interesse apistico, importanti sia per lo sviluppo delle famiglie che per i primi raccolti, erano in fase di germogliamento o di pre-fioritura o fioritura.
In particolare l’acacia, secondo il bollettino fenologico IPHEN del 6 aprile, era in una fase variabile sul territorio nazionale dal germogliamento con le prime foglie distese ai primi boccioli visibili.
In fase di fioritura, in particolare, il tarassaco e molti alberi da frutto quali ciliegio, melo, agrumi, secondo le zone e varietà più o meno precoci.
Al momento fare una stima dei danni effettivi causati dalle gelate è prematuro, ma possiamo supporre che ci sarà qualche ripercussione sui raccolti, soprattutto nelle zone dove gli eventi sono stati più intensi e lo sviluppo delle piante più avanzato. I timori sono in parte confermati da alcune testimonianze fotografiche dei nostri rilevatori (germogli di acacia bruciati dal gelo – Foto Genni Birocci – Piacenza, Alessandro Sichel – Parma).
Ad ogni modo anche successivamente al verificarsi di questi fenomeni estremi, la situazione meteorologica del mese di aprile, fino al momento della stesura del presente report, è rimasta estremamente sfavorevole, con temperature basse, vento e condizioni non favorevoli ai raccolti.
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